È il secondo dei quattro romanzi di Arthur Conan Doyle con protagonista il detective Sherlock Holmes. Venne pubblicato nel 1890 e riscosse immediatamente un enorme successo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, restando uno dei più importanti casi che vedono in azione il celebre investigatore e il suo fido aiutante dottor Watson.
Le avventure di Sherlock Holmes è una raccolta di dodici racconti di Arthur Conan Doyle, con protagonista il suo detective immaginario Sherlock Holmes. Fu pubblicato per la prima volta il 14 ottobre 1892; le singole storie erano state serializzate su The Strand Magazine tra giugno 1891 e luglio 1892. Le storie non sono in ordine cronologico e gli unici personaggi comuni a tutti e dodici sono Holmes e il dottor Watson. Le storie sono raccontate in prima persona dal punto di vista di Watson.
Uno scrittore e medico britannico, noto soprattutto per il suo personaggio Sherlock Holmes e i suoi romanzi polizieschi, che sono generalmente considerati pietre miliari nel campo della narrativa poliziesca.
È anche noto per aver scritto le avventure immaginarie del Professor Challenger, un altro dei suoi personaggi, e per aver propagato il mistero della Mary Celeste. Era uno scrittore prolifico le cui altre opere includono storie fantasy e di fantascienza, opere teatrali, romanzi, poesie, saggistica e romanzi storici.
Il marchese obertengo Adalberto II, nipote di Adalberto I e figlio di Oberto II, vende a un eminente personaggio lucchese, Leone giudice imperiale, la sua parte della casa e curtis dominica poste in loco et finibus Cissano, prope fluvio Arno; la sua parte della chiesa di S. Donato[1]; la sua parte del poggio e del castello qui esse videtur in loco qui dicitur Vico[2], con la chiesa di S. Maria posta vicino all’Arno; la sua parte delle case e cassinis poste a Flesso, S. Ginesio, Anghio con la sua parte della chiesa di s. Ginesio[3]. Prezzo: 600 lire d’argento.
Commento Nobili: periodo particolare i cui impero, marca e regno sono vacanti e gli Obertenghi sono tra i grandi elettori di Arduino (eletto il 1° febbraio a Pavia). In tutto il regno si precisano gli schieramenti. Probabilmente Lucca è per il re italico. Forse quindi il documento sancisce una sorta di alleanza tra la grande famiglia marchionale e il ceto dirigente lucchese pro Arduino e funzionale all’aspirazione al potere marchionale in Tuscia, che non si realizzò mai.
L. A. Muratori, Delle antichità estensi ed italiane, (2 vols, Modena, 1740 1717), I, p. 200 fot.* dall’archivio del vescovo di Lucca; Commento Mario Nobili, ‘Le terre obertenghe nelle contee di Pisa, Lucca e Volterra’, in ‘Le terre obertenghe nelle contee di Pisa, Lucca e Volterra’, Studi di storia medievale e moderna su Vicopisano e il suo territorio (Pisa, 1985) pp. 35–47.